Thơ » Italia » Dante Alighieri » Thần khúc » Tĩnh ngục
Đăng bởi demmuadong vào 31/12/2006 22:40
Tant'eran li occhi miei fissi e attenti
a disbramarsi la decenne sete,
che li altri sensi m'eran tutti spenti.
Ed essi quinci e quindi avien parete
di non caler - così lo santo riso
a sé traéli con l'antica rete! -;
quando per forza mi fu vòlto il viso
ver' la sinistra mia da quelle dee,
perch'io udi' da loro un «Troppo fiso!»;
e la disposizion ch'a veder èe
ne li occhi pur testé dal sol percossi,
sanza la vista alquanto esser mi fée.
Ma poi ch'al poco il viso riformossi
(e dico 'al poco' per rispetto al molto
sensibile onde a forza mi rimossi),
vidi 'n sul braccio destro esser rivolto
lo glorioso essercito, e tornarsi
col sole e con le sette fiamme al volto.
Come sotto li scudi per salvarsi
volgesi schiera, e sé gira col segno,
prima che possa tutta in sé mutarsi;
quella milizia del celeste regno
che procedeva, tutta trapassonne
pria che piegasse il carro il primo legno.
Indi a le rote si tornar le donne,
e 'l grifon mosse il benedetto carco
sì, che però nulla penna crollonne.
La bella donna che mi trasse al varco
e Stazio e io seguitavam la rota
che fé l'orbita sua con minore arco.
Sì passeggiando l'alta selva vòta,
colpa di quella ch'al serpente crese,
temprava i passi un'angelica nota.
Forse in tre voli tanto spazio prese
disfrenata saetta, quanto eramo
rimossi, quando Beatrice scese.
Io senti' mormorare a tutti «Adamo»;
poi cerchiaro una pianta dispogliata
di foglie e d'altra fronda in ciascun ramo.
La coma sua, che tanto si dilata
più quanto più è sù, fora da l'Indi
ne' boschi lor per altezza ammirata.
«Beato se', grifon, che non discindi
col becco d'esto legno dolce al gusto,
poscia che mal si torce il ventre quindi».
Così dintorno a l'albero robusto
gridaron li altri; e l'animal binato:
«Sì si conserva il seme d'ogne giusto».
E vòlto al temo ch'elli avea tirato,
trasselo al piè de la vedova frasca,
e quel di lei a lei lasciò legato.
Come le nostre piante, quando casca
giù la gran luce mischiata con quella
che raggia dietro a la celeste lasca,
turgide fansi, e poi si rinovella
di suo color ciascuna, pria che 'l sole
giunga li suoi corsier sotto altra stella;
men che di rose e più che di viole
colore aprendo, s'innovò la pianta,
che prima avea le ramora sì sole.
Io non lo 'ntesi, né qui non si canta
l'inno che quella gente allor cantaro,
né la nota soffersi tutta quanta.
S'io potessi ritrar come assonnaro
li occhi spietati udendo di Siringa,
li occhi a cui pur vegghiar costò sì caro;
come pintor che con essempro pinga,
disegnerei com'io m'addormentai;
ma qual vuol sia che l'assonnar ben finga.
Però trascorro a quando mi svegliai,
e dico ch'un splendor mi squarciò 'l velo
del sonno e un chiamar: «Surgi: che fai?».
Quali a veder de' fioretti del melo
che del suo pome li angeli fa ghiotti
e perpetue nozze fa nel cielo,
Pietro e Giovanni e Iacopo condotti
e vinti, ritornaro a la parola
da la qual furon maggior sonni rotti,
e videro scemata loro scuola
così di Moisè come d'Elia,
e al maestro suo cangiata stola;
tal torna' io, e vidi quella pia
sovra me starsi che conducitrice
fu de' miei passi lungo 'l fiume pria.
E tutto in dubbio dissi: «Ov'è Beatrice?».
Ond'ella: «Vedi lei sotto la fronda
nova sedere in su la sua radice.
Vedi la compagnia che la circonda:
li altri dopo 'l grifon sen vanno suso
con più dolce canzone e più profonda».
E se più fu lo suo parlar diffuso,
non so, però che già ne li occhi m'era
quella ch'ad altro intender m'avea chiuso.
Sola sedeasi in su la terra vera,
come guardia lasciata lì del plaustro
che legar vidi a la biforme fera.
In cerchio le facean di sé claustro
le sette ninfe, con quei lumi in mano
che son sicuri d'Aquilone e d'Austro.
«Qui sarai tu poco tempo silvano;
e sarai meco sanza fine cive
di quella Roma onde Cristo è romano.
Però, in pro del mondo che mal vive,
al carro tieni or li occhi, e quel che vedi,
ritornato di là, fa che tu scrive».
Così Beatrice; e io, che tutto ai piedi
d'i suoi comandamenti era divoto,
la mente e li occhi ov'ella volle diedi.
Non scese mai con sì veloce moto
foco di spessa nube, quando piove
da quel confine che più va remoto,
com'io vidi calar l'uccel di Giove
per l'alber giù, rompendo de la scorza,
non che d'i fiori e de le foglie nove;
e ferì 'l carro di tutta sua forza;
ond'el piegò come nave in fortuna,
vinta da l'onda, or da poggia, or da orza.
Poscia vidi avventarsi ne la cuna
del triunfal veiculo una volpe
che d'ogne pasto buon parea digiuna;
ma, riprendendo lei di laide colpe,
la donna mia la volse in tanta futa
quanto sofferser l'ossa sanza polpe.
Poscia per indi ond'era pria venuta,
l'aguglia vidi scender giù ne l'arca
del carro e lasciar lei di sé pennuta;
e qual esce di cuor che si rammarca,
tal voce uscì del cielo e cotal disse:
«O navicella mia, com'mal se' carca!».
Poi parve a me che la terra s'aprisse
tr'ambo le ruote, e vidi uscirne un drago
che per lo carro sù la coda fisse;
e come vespa che ritragge l'ago,
a sé traendo la coda maligna,
trasse del fondo, e gissen vago vago.
Quel che rimase, come da gramigna
vivace terra, da la piuma, offerta
forse con intenzion sana e benigna,
si ricoperse, e funne ricoperta
e l'una e l'altra rota e 'l temo, in tanto
che più tiene un sospir la bocca aperta.
Trasformato così 'l dificio santo
mise fuor teste per le parti sue,
tre sovra 'l temo e una in ciascun canto.
Le prime eran cornute come bue,
ma le quattro un sol corno avean per fronte:
simile mostro visto ancor non fue.
Sicura, quasi rocca in alto monte,
seder sovresso una puttana sciolta
m'apparve con le ciglia intorno pronte;
e come perché non li fosse tolta,
vidi di costa a lei dritto un gigante;
e baciavansi insieme alcuna volta.
Ma perché l'occhio cupido e vagante
a me rivolse, quel feroce drudo
la flagellò dal capo infin le piante;
poi, di sospetto pieno e d'ira crudo,
disciolse il mostro, e trassel per la selva,
tanto che sol di lei mi fece scudo
a la puttana e a la nova belva.
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[1]
Gửi bởi demmuadong ngày 31/12/2006 22:40
My eyes were so intent and fixed on her
To satisfy the thirst of those ten years
That every other sense was quenched in me.
On one side and the other, my eyes were walled
5 By indifference to all else: the holy smile
So drew them to itself with the old net
When I was forced to turn my face leftward
By those three goddesses because I heard
From them the words, "You gaze too fixedly!"
10 And my sight was in such a state as when
The eyes have just been struck by too much sun,
So that for some time I could make out nothing;
But when my sight grew used to lesser objects
(I say "to lesser" in relation to
15 The greater one from whom I turned by force),
I saw that the magnificent army there
Had wheeled round to the right, and now was turning
With faces toward the sun and the seven flames.
Just as a squadron, underneath their shields,
20 Turn to retreat and, with the standard, wheel
Around before the rest can swing about,
So the militia of the celestial realm
In the advanced guard passed in front of us
Before the chariot circled on its pole.
25 At that the women turned back to the wheels,
And then the griffin pulled his blissful burden
In such a way none of his feathers stirred.
The lovely woman who towed me at the ford,
And Statius, and I, were following
30 The wheel that makes the smaller arc in turning.
So pacing through the soaring forest, empty
Because of her who trusted in the serpent,
Our steps kept time to an angelic tune.
We had advanced about the distance covered
35 By three flights of an arrow shot from its bow,
When Beatrice stepped down from the chariot.
I heard them all there murmuring "Adam,"
And then they gathered round a tree stripped bare,
On every branch, of foliage and flowers.
40 Its branches, which spread wider as they grow
Higher up, would, with their towering height,
Make even Indians marvel in their forests.
"Blessed are you, griffin, that your beak
Tears nothing from this sweetly-tasting tree
45 Which sadly racks the stomach afterward!"
Around the sturdy tree, the others cried
These words; and the two-natured animal:
"So is preserved the seed of all justice."
And turning to the pole-shaft he had pulled,
50 He dragged it to the foot of the widowed trunk
And tied it to the wood from which it came.
Just as our trees, when the strong light of spring
Streams downward mingled with the rays that glow
Behind the stars of the celestial Fish,
55 Swell into bud, and then renew themselves
In each one’s coloring, before the sun
Yokes its steeds under a new constellation,
So, showing color less deep than the rose
But darker than the violet, the tree
60 That first had boughs so barren was renewed.
I did not understand — it is not sung
On earth — the hymn that company sang there,
Nor could I hear the music to the end.
Could I portray the ruthless eyes of Argus
65 Lulled to sleep, hearing the tale of Syrinx —
The eyes whose long-kept watching cost so dear —
Then like a painter who paints from a model,
I here would picture how I fell asleep,
But let whoever wants to depict sleeping!
70 I move on, then, to when I came awake,
And I tell you a bright light rent the veil
Of sleep, and a voice: "What are you doing? Rise!"
Just as, when brought to see the blossoms of
The apple tree whose fruit the angels crave
75 And makes an endless marriage-feast in heaven,
Peter and John and James were overpowered
And, coming to themselves at that same word
By which slumbers more profound were broken,
They saw their company dwindle away
80 When Moses and Elijah disappeared,
And viewed their Master’s raiment changed again:
So I came to myself and saw that same
Compassionate woman standing over me
Who first had led my steps along the shore.
85 And all perplexed, I asked, "Where is Beatrice?"
She answered, "See her seated on the roots
Of that tree there with its fresh foliage.
"See all the company surrounding her;
The rest behind the griffin rise to heaven
90 With sweeter and with deeper melodies."
If she said more than this I do not know,
For already my eyes filled with sight of her
Who shut me off from every other thought.
She sat there all alone on the bare ground,
95 Left like a lookout for the chariot
Which I had seen the two-form animal tie.
In a ring the seven nymphs now fashioned
A shelter for her; in their hands they held
The lamps the north and south winds cannot quench.
100 "Here, for a short time, you'll be a forest wayfarer;
Then you shall live with me a citizen
Forever of that Rome where Christ is Roman.
"To benefit the world, then, that lives badly,
Fix your eyes on the chariot. What you see,
105 Make sure you write it down when you return there."
So Beatrice spoke. And I, who at the feet
Of her commands was all obedience,
Attached my mind and eyesight where she wished.
Lightning never fell with such swift motion
110 Down from the densest cloud, when it descends
From out the region that lies most remote,
As did the bird of Jove which I watched swoop
Down through the tree, tearing at the bark
And also at the flowers and new leaves.
115 It struck the chariot with its full force,
Making it reel like a ship in a storm,
Tossed, now to starboard, now to port, by waves.
Then I saw leaping up into the body
Of the triumphal vehicle a fox
120 Seemingly starved of wholesome nourishment.
But, reprimanding it for foul offenses,
My lady sent it flying off as fast
As those bones bare of flesh would let it go.
Then, from the tree where it had flown before,
125 I saw the eagle dive inside the chariot
And leave it coated over with its feathers.
And, as a voice breaks from a heart in grief,
There came a voice from heaven and it cried,
"O my small ship, how you are laden down!"
130 Then the ground, it seemed to me, opened up
Between the two wheels, and I saw a dragon